Cultura e stili di vita sono veicolati dai mass media molto più di quanto non si sia portati a pensare. I media, infatti, contribuiscono ad attribuire un significato socialmente condiviso a quell’insieme di simboli e segni che formano il sistema cultura di un paese, attraverso l’informazione di radio, stampa, tv o internet, con i suoi blog e social network, o i prodotti audiovisivi di fiction e intrattenimento, guardati sul grande schermo del televisore in salotto o, sempre più frequentemente, sul tablet o lo smartphone. L’Osservatorio di Pavia ha sperimentato diverse tecniche di analisi per rilevare stili di vita e fenomeni culturali veicolati dai mass media.
I progetti
Osservatorio del dono
In collaborazione con l’Istituto Italiano della Donazione, l’Osservatorio di Pavia realizza un monitoraggio permanente sulla rappresentazione del dono e del volontariato nei media. per fornire una fotografia dello stato di salute del non profit italiano. Obiettivo principale del progetto è indagare non solo quanto varia nel tempo lo spazio che l’informazione dedica al tema della donazione, ma anche come cambia la sua rappresentazione nei media, perché questo contribuisce a modificare e ridefinire lo stesso concetto sociale di dono. www.osservatoriodono.it
Rapporto “Noi doniamo” 2023
Rapporto “Noi doniamo” 2021
Indagine sulle tipologie argomentative veicolate dai media
I mezzi di comunicazione veicolano, da sempre, argomentazioni di tutti i tipi. Gli esempi di fallacie e di argomenti opinabili che si studiano sui libri di testo di logica spesso presentano brani di pubblicità e di argomentazioni politiche (dichiarazioni fatte in campagna elettorale o dichiarazioni a favore di specifiche politiche pubbliche). Molti di questi esempi sono argomenti trasmessi dai mezzi di comunicazione quali discorsi politici, pubblicità commerciale o contenuti di blog presenti in Internet. Questi tipi di argomenti sono particolarmente interessanti quando risulta chiaro che sono stati impiegati, per esempio in pubblicità, come tecniche retoricamente efficaci per persuadere un pubblico di massa. Precedentemente (e spesso anche oggi) essi venivano classificati come logicamente fallaci. Ma oggi, sempre più spesso, vengono invece considerati come eristiche fallibili (scivolose) utili a raggiungere una conclusione provvisoria in una condizione di incertezza epistemica, ma passibili di questionamento critico. La teoria che intendiamo esporre attraverso una serie di articoli e contributi cerca di presentare un giudizio equilibrato tra l’analizzare questi argomenti come fallibili ma sostanzialmente ragionevoli in alcuni casi, e il criticarli come argomenti fallaci impiegati come tattiche per vincere non correttamente su di un avversario o per ingannare un pubblico di massa.
La Televisione del Dolore: un’indagine sulle “cattive pratiche” televisive
Nel corso di questi anni, guardando i programmi televisivi succede sempre più spesso di imbattersi nei racconti di casi di cronaca nera o giudiziaria oppure di vicende centrate su situazioni di disagio individuale o sociale. Storie di omicidi, di violenze e abusi, di aggressioni e atti di bullismo, di malattie gravi e invalidanti, di incidenti stradali e calamità naturali dall’esito tragico: casi, tutti questi, accomunati dal senso di sofferenza vissuto dai singoli, nelle famiglie o nelle comunità più allargate. Con un’espressione molto sintetica ma efficace, quando i programmi televisivi affrontano questi argomenti, declinandoli in un senso che molto concede allo spettacolo del dramma personale o collettivo, si parla di “TV del dolore”.
Obiettivo di questa ricerca è comprendere e descrivere le modalità di rappresentazione/narrazione messe in atto nella TV del dolore. Verificare, innanzitutto, quanta parte del palinsesto giornaliero è rivolta a questi argomenti; quali sono i programmi maggiormente impegnati a focalizzare l’attenzione del telespettatore su queste storie più o meno drammatiche e drammatizzate; quali sono, soprattutto, le modalità, le tecniche narrative, gli strumenti retorici che ne sorreggono il racconto e se sussistono delle “cattive pratiche” nella loro ricostruzione.