“Tra realtà e rappresentazione: minorenni migranti e rifugiati nei media e il ruolo dell’informazione”

- Migration and multiculturalism
“Tra realtà e rappresentazione: minorenni migranti e rifugiati nei media e il ruolo dell’informazione”

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UNICEF e associazione Carta di Roma hanno presentato il rapporto “Tra realtà e rappresentazione: minorenni migranti e rifugiati nei media e il ruolo dell’informazione”.

L’indagine, realizzata dall’Osservatorio di Pavia, analizza le caratteristiche della rappresentazione mediatica dei minorenni migranti e rifugiati nei programmi di infotainment, telegiornali, stampa e nei social media.

Dall’indagine, che ha usato tecniche quanti-qualitative, emerge una marginalità del tema dei minorenni nelle agende e una riduzione della complessità del fenomeno. La correlazione tra le fonti di notizie e i social media suggerisce una forte intermedialità tra media tradizionali e social media nella creazione dell’agenda pubblica, seppure con differenze specifiche.

Sebbene il tema sia affrontato in media in circa 500 articoli ogni mese e ottenga circa 5000 menzioni per mese sui social media, alcuni elementi si ripetono con frequenza in tutti i media analizzati:

  • Se sui programmi di infotainment selezionati con focus migrazione, il tema delle e dei minorenni è coperto dal 46% dei programmi, nei TG solo 1,4% del campione ne fanno riferimento, il 10% degli articoli nella stampa. Si rileva infatti una tendenza a rappresentare bambine, bambini e adolescenti attraverso il loro status migratorio prima che come persone di minore età, con le loro vulnerabilità specifiche e con i diritti riconosciuti in quanto tali.
  • In media nei TG e nella stampa il 35% delle persone che intervengono sul tema sono politici ed esponenti istituzionali, nel caso dell’infotainment 3 su 10 sono invece politici e giornalisti.
  • 7 pezzi su 10 riguardano tragedie in mare, problemi legati all’accoglienza e politiche migratorie, resta poco spazio invece per storie di inclusioni.
  • Si parla di minorenni migranti ma le loro voci sono spesso assenti dalla narrazione: rappresentano il 9% delle persone che intervengono sul tema nei programmi di infotainment, una percentuale che scende al 5,7% nella stampa, allo 0,1% nei telegiornali del prime time.
  • Emerge infine un linguaggio che, contro i dettati deontologici, risulta troppo spesso caratterizzato da etichette stigmatizzanti o generalizzazioni, che possono, anche involontariamente, contribuire alla diffusione di stereotipi o a diffondere informazioni poco accurate spesso alla base di disinformazione. Se i social media danno spazio anche ad angoli di racconto diversi, presentano però anche maggiore polarizzazione e maggiore rischio- per via della mancanza di regolamentazione – di diventare veicolo di disinformazione.

Alla luce delle osservazioni rilevate, il rapporto rivolge una serie di raccomandazioni a giornalisti, redazionidei programmi, testate giornalistiche e creatori di contenuti online e sui social media.

Tra queste:

garantire la protezione delle persone di minore età migranti e rifugiati applicando le disposizioni previste dalle carte deontologiche;

assicurare un cambio di narrativa e più spazio alla narrazione di persone di minore età, garantendo anche un maggiore ventaglio di approfondimenti e adottando un linguaggio più rispettoso oltre che all’attenzione ai fatti e a un corretto uso dei dati;

rafforzare la supervisione editoriale e delle principali piattaforme digitali;

promuovere occasioni di formazione e sensibilizzazione.

Il rapporto invita anche i fruitori dell’informazione a osservare cautele anche nel divulgare notizie che possono essere false o inaccurate, informandosi responsabilmente, sviluppando pensiero critico e attivandosi per segnalare eventuali contenuti ritenuti non corretti.

Il rapporto completo è disponibile qui