I dati raccolti dall’Osservatorio di Pavia nell’ambito del monitoraggio del pluralismo politico in televisione sono utili per fornire un quadro della comunicazione politica in Tv negli ultimi due decenni, mettendo in evidenza i protagonisti e i cambiamenti nella struttura della competizione politica. L’analisi di due decenni di comunicazione politica all’interno dei telegiornali Rai (Tg1, Tg2 e Tg3) del prime time fornisce una serie di dati sui protagonisti della politica nell’arco temporale 2003-2019.
Per avere una panoramica dei protagonisti della scena è utile scoprire chi è il politico che ogni anno è stato più presente all’interno dei Tg. A tal fine prendiamo in considerazione il tempo di parola di ogni soggetto, ossia il tempo in voce gestito direttamente dal soggetto. Il grafico sotto mostra il soggetto politico che ogni anno ha registrato il tempo di parola maggiore, espresso in minuti sopra ogni colonna.
Emerge che in quasi tutti gli anni presi in considerazione, fino al 2017, i tempi in voce più elevati sono stati registrati dal Presidente del Consiglio. La situazione cambia negli ultimi due anni, il 2018 e il 2019, in cui il tempo di parola più alto non è del Premier, ma di altri attori della maggioranza di governo. Si tratta rispettivamente di Di Maio e Salvini, che fino all’agosto 2019 hanno rivestito la carica di vicepremier e costituito l’anima “politica” del Governo Conte I.
In questa fase, i tempi registrati sono stati più bassi che in precedenza, probabilmente a causa della frammentazione dell’offerta politica e della nascita di maggioranze ampie e trasversali, in cui diversi soggetti hanno condiviso la leadership e la presenza televisiva. La riduzione dei tempi di parola si può anche leggere come una normalizzazione della comunicazione politica, con un ritorno a valori precedenti al boom del periodo compreso tra il 2008 (Governo Berlusconi IV) e il 2014 (inizio del Governo Renzi).
Si può notare, infatti, il record del 2014, anno in cui Matteo Renzi è Presidente del Consiglio e segretario del Pd, il partito che quell’anno ottiene il 40% alle Europee. Negli anni successivi il suo tempo di parola diminuisce fino alle dimissioni da Premier nel dicembre 2016, in seguito alla sconfitta al referendum costituzionale.
Una tendenza analoga si nota anche per Berlusconi, che registra un tempo molto alto nel 2009, anno in cui è Premier e leader del Pdl vittorioso alle elezioni europee, a cui segue un calo negli anni successivi, fino ad arrivare alle sue dimissioni nel novembre 2011. Questi dati suggeriscono che nelle prime fasi di un nuovo governo i tempi del leader dell’esecutivo possano essere più alti, forse a causa della “luna di miele” che si instaura con gli elettori.
I dati raccolti evidenziano, inoltre, i tempi considerevolmente alti di Berlusconi e Renzi, che hanno fatto della comunicazione un punto di forza facendosi riconoscere come veri e propri leader televisivi e registrando, mediamente, tempi di parola maggiori rispetto ad altri leader meno “mediatici”.
Un caso interessante è costituito dall’anno del governo Monti, il 2012. In questa occasione, nonostante il Presidente del Consiglio sia alla guida di un esecutivo tecnico, il suo tempo è piuttosto alto, a causa probabilmente dei frequenti interventi sulla crisi economica, della scelta di spiegare politiche impopolari ma anche dalla volontà, forse, di gettare le basi per la sua “salita in politica” in occasione delle elezioni 2013.
Per capire come è cambiata la competizione politica può essere utile far luce su quali siano i soggetti che ogni anno hanno avuto il secondo e il terzo tempo di parola.
Guardando questi dati emerge la centralità, l’evoluzione e la fine del modello bipolare che ha caratterizzato la scena politica italiana della Seconda Repubblica.
Fino al 2007 il bipolarismo trova riscontro nei dati: le prime tre posizioni sono divise tra il Presidente del Consiglio – leader della maggioranza, il leader dell’opposizione e il Presidente della Repubblica. Nel 2008 fa ingresso nella scena politica il Terzo Polo di Casini, seppur all’interno di una struttura politica ancora, sostanzialmente, bipolare. Anche in questi anni le prime posizioni sono occupate da maggioranza, opposizione e Presidente della Repubblica. Le cose cambiano a partire dal 2012 con il governo Monti. A causa dei governi di “larghe intese”, nonostante nelle prime tre posizioni permangano differenti “colori” che sono espressione di tradizioni politiche storicamente contrapposte, scompare formalmente l’opposizione, dato che le maggioranze trasversali comprendono sia il centro-destra, sia il centro-sinistra.
Tra il 2016 e il 2018, però, si nota l’esclusione dalle prime tre posizioni prima del centro-destra, poi anche del centro-sinistra. Dalle elezioni politiche 2018 emerge, infatti, un nuovo scenario politico che darà vita alla maggioranza di governo composta da Movimento 5 Stelle e Lega. Anche in questo caso la maggioranza ampia determina l’esclusione dalle prime tre posizioni dell’opposizione. Nel 2019, per la prima volta, tutti e tre i primi soggetti sono espressione del governo: rispettivamente Salvini, il Premier Conte e Di Maio, con tempi che diventano tra loro molto simili.
L’evoluzione appena descritta è infine sintetizzata nel “Bar chart race”, un grafico dinamico che illustra i protagonisti della scena politica e i cambiamenti che l’hanno caratterizzata dal 2003 fino ai giorni nostri.