L’Osservatorio di Pavia ha partecipato al Seminario di Formazione per giornalisti “Media e migrazioni: analizzare i linguaggi e trovare nuove narrazioni”, nell’ambito del progetto europeo CIAK MigrACTION e all’interno del Terra di Tutti Film Festival 2020, con la ricerca inedita “Migranti e lavoro nell’informazione Italia” su come i media nazionali trattano il tema migratorio, curata con WeWorld.
Da diversi anni il tema delle migrazioni riveste un ruolo rilevante nel discorso pubblico, ritagliandosi spazi via via più significativi nei media. La sua presenza nell’informazione, sia pur soggetta a una certa discontinuità dipendente dalla cronaca, tende ad assumere caratteristiche di ricorrenza. Si tratta peraltro di un tema che polarizza sia l’informazione sia il dibattito che ne scaturisce.
In occasione di questa ricerca tra le molteplici dimensioni del fenomeno migratorio si è optato per un’esplorazione del tema del lavoro. Si tratta di una questione decisamente cruciale in quanto, da un lato, il lavoro rappresenta una delle principali motivazioni alla base delle scelte migratorie e un elemento fondamentale nel percorso di inclusione sociale, dall’altro è spesso percepito e rappresentato come un terreno di competizione e di attrito tra popolazione migrante e autoctona. La ricerca ha indagato il livello e il tipo di attenzione riservata dai principali telegiornali di sette TV generaliste (Rai Uno, Rai Due, Rai Tre, Rete 4, Canale 5, Italia 1, La 7) alla condizione professionale dei migranti. Accanto a questo, ha analizzato il linguaggio utilizzato nei titoli delle notizie dedicate alle questioni di economia e lavoro che coinvolgono i migranti, su dieci quotidiani nazionali di diverso orientamento culturale (Avvenire, Il Corriere della Sera, Il Fatto Quotidiano, Il Foglio, Il Giornale, Il Sole 24 ore, La Repubblica, La Stampa, La Verità, Libero quotidiano).
Oltre a questo primo focus, si è voluto anche esaminare la trattazione mediatica di due eventi che hanno contrassegnato il primo semestre dell’anno (1° gennaio – 30 giugno 2020): da un lato, l’intrecciarsi del tema migratorio con quello sanitario, nella cornice drammatica e inedita della pandemia da Covid-19; dall’altro, le ripercussioni in Italia del caso George Floyd e della conseguente mobilitazione antirazzista. Per quanto riguarda il primo fenomeno, si sono analizzate le notizie relative agli effetti che la diffusione del coronavirus in Cina a inizio pandemia ha avuto sulla comunità cinese in Italia, a cominciare dalla diserzione di ristoranti e negozi cinesi fino agli episodi di intolleranza nei loro confronti. Riguardo al secondo fenomeno, sono state approfondite, all’interno del grande caso mediatico internazionale George Floyd, le notizie di ambientazione italiana, per capire la peculiare declinazione che il dibattito ha assunto nel nostro paese.
Nei TG Rai (TG1 e TG3), si evidenzia lo sforzo di cercare storie positive cheraccontano esperienze di vita, di inclusione sociale e di riuscita professionale. In queste notizie sembra configurarsi una precisa scelta del servizio pubblico: valorizzare un modello di inclusione che trova nel lavoro un ambito privilegiato di azione e valorizzare i migranti stessi, presentandoli come risorse importanti nel nostro tessuto economico e sociale.
Dalla ricerca sono emersi diversi aspetti critici dell’informazione sui temi in esame:
- Nelle notizie dei TG che riguardano i migranti, in particolare nei servizi sul provvedimento di regolarizzazione di braccianti, colf e badanti, si è osservata la rappresentazione di un dibattito pubblico estremamente polarizzato. Un dibattito che tende a ricondurre i molteplici e diversi aspetti del fenomeno migratorio sul terreno della contrapposizione ideologica, con il risultato di oscurarne le specificità e i contenuti più concreti.
- Nella stampa, questa polarizzazione politica investe il linguaggio dei titoli, che appare connotato diversamente nelle varie testate. Questo si osserva sia nella definizione dei soggetti stessi, che nei quotidiani di area centrodestra vengono qualificati in maniera ricorrente come ‘clandestini’, sia nel diverso ricorso ai termini ‘regolarizzazione’ e ‘sanatoria’ per designare il provvedimento, sia nell’uso dei termini ‘italiani’ e ‘immigrati’ in una relazione di contrapposizione.
- La presenza del tema immigrazione nell’agenda dei TG sembra rispondere prevalentemente alle urgenze della cronaca, anche quando si tratta di questioni non ‘episodiche’ come il lavoro dei migranti o il razzismo nei loro confronti. Un interesse più sistematico, più composito dal punto di vista tematico e più autonomo rispetto alla cronaca, alla politica o ad allarmi ed emergenze varie, permetterebbe di evidenziare risvolti inediti o poco esplorati della questione.
- Il profilo professionale e socioeconomico dei migranti rappresentati nelle notizie è poco articolato, sbilanciato verso le categorie di braccianti, colf e badanti (senza peraltro che a questa ampiezza di copertura corrisponda un effettivo approfondimento delle loro condizioni di vita e di lavoro), mentre trascura numerose altre professioni svolte dagli immigrati, in particolare quelle di status più elevato. La rappresentazione dei migranti, come di qualunque altro gruppo sociale, dovrebbe essere il più possibile esaustiva, riflettere la loro diversità sociale, culturale e professionale ed evitare immagini unidimensionali che facilmente conducono allo stereotipo.
- Si è esplorato il ruolo giocato dai migranti nelle notizie, per comprendere se e quanto la loro prospettiva sia presa in debita considerazione nella costruzione dei servizi, in base al presupposto che l’accesso diretto dei vari gruppi sociali ai media sia una condizione essenziale per una rappresentazione pluralistica e realistica della società. I vari focus qualitativi hanno dimostrato, sia pure con significative differenze tra i temi e le emittenti, che la voce dei migranti è troppo spesso circoscritta, limitata a ruoli di testimonianza, sopraffatta da quella dei politici o degli opinionisti italiani. Oltre a soddisfare i principi del pluralismo sociale nei media, l’inclusione della prospettiva dei migranti sui diversi temi e nei diversi ruoli (compreso quello di esperti) potrebbe iniettare, in un dibattito sull’immigrazione divenuto ormai piuttosto povero e ripetitivo, dei punti di vista interessanti e innovativi.
- Si è osservata una certa riluttanza, nei TG Mediaset, a trattare e a ‘riconoscere’ il problema del razzismo nella nostra società. Questi notiziari trascurano, ad esempio, la copertura delle manifestazioni antirazziste in Italia, dopo l’uccisione del cittadino afroamericano George Floyd negli Stati Uniti, per intervenire sul tema solo in un secondo momento, per condannare il gesto iconoclasta contro la statua di Montanelli. Non manca affatto in questi TG la condanna dei singoli episodi di intolleranza, ma ne viene spesso negata la matrice razzista. Nel linguaggio e nei commenti degli ospiti, tali aggressioni sono ricondotte alla paura, alla diffidenza, al sentimento generale di psicosi da contagio, o ridotte a semplici ‘crisi di nervi’. Si tratta di un lessico diverso da quello della televisione pubblica, che appare invece più preciso e connotato nello stigmatizzare palesemente gli episodi di matrice razzista. Qui non si vuole naturalmente negare legittimità alle interpretazioni dei fatti e delle loro motivazioni, che possono certo divergere tra le testate giornalistiche, ma piuttosto sottolineare il rischio implicito nel confondere il movente del razzismo con altri moventi meno gravi, che risultano di conseguenza più giustificabili, oltre che ricondotti a comportamenti individuali devianti piuttosto che a un problema culturale che affligge la comunità.
Manuela Malchiodi e Ludovica Cassetta (Osservatorio di Pavia)
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