L’agenda dei telegiornali assegna ai temi della giustizia una discreta rilevanza, sia in termini di cronaca giudiziaria, intesa proprio come narrazione di iter processuali, atti e sentenze, ma anche interviste a protagonisti diretti quali pubblici ministeri, avvocati, testimoni e imputati stessi, sia in termini di dibattito pubblico e politico sulla giustizia. In un anno, il 2002, di telegiornali del prime time delle sei reti di Rai e Mediaset, la cronaca giudiziaria ha raccolto quasi 88 ore di attenzione, l’8,2% del tempo dei telegiornali, e il dibattito sulla giustizia oltre 22 ore, il 2,1% dei notiziari.
La grande attenzione alla cronaca giudiziaria concede vasta visibilità agli operatori della giustizia, tuttavia appare evidente, analizzando i principali casi seguiti dai media, che la narrazione giudiziaria è spesso una cornice di eventi straordinari di cronaca nera, che hanno una vitalità mediatica (in termini proprio di durata del ciclo della notizia) autonoma ed estremamente pronunciata. Non a caso, al primo posto nella classifica dei casi giudiziari trattati spicca l’inchiesta sul delitto di Cogne con oltre 26 ore di attenzione, pari ad un terzo circa di tutte le notizie di cronaca giudiziaria trattate in tutto l’anno. Tanto per fare un esempio, un evento di grande rilevanza reale nel contesto della giustizia internazionale risulta molto meno appetibile ai media italiani: in tutto il 2002 il processo a Milosevic raccoglie in tutte le reti solo 75 minuti di attenzione. Il lavoro quotidiano degli operatori della giustizia incontra inoltre un altro dilemma durante la sua rappresentazione mediatica: i tempi della giustizia e i suoi rituali sono radicalmente diversi da quelli dei mass media, che hanno “bisogno” di rapidità, di un flusso continuo di notizie, di modellare i protagonisti delle vicende in personaggi familiari per il pubblico, necessità di descrivere la realtà in maniera semplificata utilizzando tinte forti, bianche o nere, senza indugiare sulle sfumature e sui tecnicismi.
La spettacolarizzazione della giustizia e la personalizzazione attraverso ritratti minuziosi del personale giudiziario, che scivola volentieri in aspetti grotteschi di pura cronaca rosa, appartiene sempre di più anche agli schemi di rappresentazione del dibattito sui temi della giustizia. Questo principalmente per due ragioni:
– In primo luogo, il confine fra cronaca giudiziaria e giustizia è stato nel 2002 spesso labile. Le numerose inchieste sui fatti del G8 di Genova, gli arresti di poliziotti ed esponenti del movimento no global, hanno innescato discussioni pubbliche e valutazioni politiche sull’operato della magistratura e sui principi giuridici alla base delle inchieste. Anche se l’origine della notizia apparteneva alla cronaca giudiziaria, le quasi 9 ore dedicate a questo tema hanno acceso il dibattito sulla giustizia. Ma sono soprattutto altri due processi che, attraverso la loro cronaca, si sono imposti nell’agenda politica fomentando lo scontro fra sistema politico e giudiziario: il processo SME a Milano, che vede come imputati Cesare Previti e Silvio Berlusconi (277 minuti) e il processo per l’omicidio Pecorelli con la condanna a 24 anni di Giulio Andreotti (93 minuti).
– In secondo luogo, il bisogno di raccontare gli scontri fra poteri istituzionali attraverso figure simboliche. Il tema giustizia è stato spesso al centro dello scontro politico fra maggioranza e opposizione; prima ancora che di policy issue, e cioè del merito delle proposte di riforma, la televisione si adopera a descrivere la geografia delle posizioni politiche e l’irruenza degli scontri. Gli eventi che caratterizzano il dibattito nel 2002 sono inoltre caratterizzati dalla continua dialettica fra il potere politico e quello giudiziario, in particolare della magistratura. Anche in quest’ultimo caso, dunque, la rappresentazione mediatica riproduce gli schemi della cronaca politica, cercando le figure simboliche più rappresentative della magistratura che si contrappongono a governo e parlamento, talvolta esplicitando le differenze di ruoli, altre volte normalizzando gli stessi magistrati agli schemi dell’arena politica sulla base della loro presunta o effettiva fede politica.
La tabella 1 mostra i dieci temi del dibattito sulla giustizia a cui è stato dedicato più tempo dai sei telegiornali analizzati in tutto il 2002. Per la loro specificità, che li rende inestricabili dal dibattito politico, sono stati aggiunti anche i dati relativi a tre eventi che pure si generano nella cronaca giudiziaria: le inchieste sulle manifestazioni no global (G8 di Genova e Global Forum di Napoli), il processo Pecorelli e il processo SME. Alle 22 ore di dibattito sui temi della giustizia sono state pertanto aggiunte le 13 ore dedicate a questi tre eventi di confine, raggiungendo una base di dati pari a 35 ore (2099 minuti) di pertinenza.
Al primo posto della classifica dei temi più trattati ci sono le inchieste sulle manifestazioni no global (528 minuti) che comprendono sia le indagini sulle violenze durante il G8 di Genova, con la morte di Carlo Giuliani, i fatti della scuola Diaz e della caserma di Bolzaneto, sia le inchieste sulle violenze durante il Global Forum di Napoli nel marzo 2001, con l’arresto di otto poliziotti. La tipologia di questi dieci argomenti merita alcune rapide considerazioni:
– Tutti i temi hanno suscitato accesi scontri politici. In particolare, è emblematico l’iter parlamentare e mediatico della proposta di legge Cirami sul legittimo sospetto.
– In tutti è relativamente semplice ricordare con precisione, proprio per le modalità narrative dei media, le diverse posizioni di partiti e schieramenti politici.
– In molti casi, questi temi sono stati motivo (o pretesto) di scontro istituzionale fra classe politica (essenzialmente la maggioranza di governo) e magistratura.
– Non emerge invece come issue autonoma rilevante la riforma del sistema giudiziario, che pure fa da sfondo a vari interventi durante l’intero anno. La separazione delle carriere, ad esempio, è spesso citata dal ministro della Giustizia Castelli, ma non entra realmente nell’agenda dei lavori parlamentari e nemmeno in quella dei media.
Come si può vedere nel grafico 1, l’andamento dell’attenzione per la giustizia nei 12 mesi del 2001 subisce alcune accelerazioni in concomitanza con l’esplosione dei temi presentati in precedenza. Nel mese di gennaio sono 222 i minuti dedicati dai sei notiziari a questi temi, con particolare attenzione all’inaugurazione dell’anno giudiziario, con le successive polemiche sul duro intervento di Saverio Borrelli, il processo SME e il decennale di Tangentopoli, le inchieste di Mani Pulite e i girotondi sulla giustizia. Il secondo picco di attenzione si verifica nei mesi di aprile (248 minuti) e maggio (208 minuti), con l’inchiesta e l’arresto a Napoli di 8 agenti di polizia per presunte violenze ai danni di manifestanti nei cortei no global del marzo 2001, il lungo iter parlamentare per l’elezione dei due giudici mancanti della Corte Costituzionale e l’annuncio di uno sciopero dei magistrati contro la proposta di riforma dell’ordinamento giudiziario del governo. Nel mese di Luglio (193 minuti) entra prepotentemente in agenda il dibattito attorno al progetto di legge Cirami sul legittimo sospetto. Gli ultimi mesi del 2001 vedono emergere nell’agenda dei TG il processo Pecorelli con la condanna di Giulio Andreotti, le inchieste sui fatti del G8 di Genova con l’arresto di 20 esponenti del movimento no global, il dibattito sulla clemenza per i detenuti con le ipotesi di indulto e amnistia, l’approvazione definitiva della legge Cirami e il processo di Milano a Previti e Berlusconi.
I profili di rete
Le reti analizzate mostrano comportamenti differenti sul tema della giustizia, sia in termini di tempo totale dedicato sia, in parte, nell’allocazione di questo tempo fra i diversi temi. Il network pubblico dedica a queste issue un tempo nettamente superiore rispetto ai tre telegiornali Mediaset: il grafico 2 evidenzia che tutti e tre i telegiornali della Rai dedicano alla giustizia una percentuale (sulla durata del notiziario) superiore rispetto a quelli Mediaset. Il Tg3, seguito dal Tg2, è con il 5,5% il telegiornale che dedica più informazione a questi temi. Mentre, i tre TG del network privato dedicano meno del 3% della loro scaletta ai temi della giustizia, con il notiziario di Italia Uno, Studio Aperto, che si ferma a 1,1% della sua durata.
Il grafico successivo (3) mostra come, nonostante la ponderazione del tempo dedicato alla giustizia per la durata media di ogni notiziario (1), il 66% di tutto il tempo dedicato alla giustizia sia trasmesso dalle reti Rai. Se per Studio Aperto, ed in parte il Tg5, si può fare risalire questa minore attenzione alla giustizia ad una tradizionale politica editoriale meno permeabile ai temi della politica e più concentrata sulla cronaca, questo non vale per il Tg4, che, al contrario, presenta valori di attenzione alla politica persino superiori ai notiziari Rai.
La collocazione del tempo fra i diversi temi mostra ordinamenti abbastanza simili fra i telegiornali (tabella 2); tuttavia alcune differenze fra network possono essere sottolineate. Le reti Rai dedicano mediamente una percentuale (dello spazio dedicato alla giustizia) maggiore alla legge Cirami, al processo SME, allo sciopero dei magistrati e alla nomina dei giudici della Corte Costituzionale; al contrario, le reti Mediaset allocano uno spazio maggiore, sempre in percentuale rispetto al tempo totale dedicato ai temi della giustizia, alle inchieste sulle violenze durante le manifestazioni no global, all’apertura dell’anno giudiziario, al processo Pecorelli e all’anniversario di Mani Pulite con le manifestazioni dei girotondi. Osservando i valori assoluti (in minuti), le differenze su alcuni temi appaiono ancora più macroscopiche: alla legge Cirami, ad esempio, il Tg3 con 107 minuti dedica più del doppio del tempo di tutti gli altri telegiornali, sovrastando Studio Aperto che allo stesso tema dedica soli 9 minuti.
(1) Tg1 (31 minuti), Tg2 (26), Tg3 (29), Tg4 (34), Tg5 (32) e Studio Aperto (24)r
In conclusione, il tema della giustizia nei principali telegiornali delle emittenti Rai e Mediaset si impone nell’agenda del 2002, ma con alcune caratteristiche:
– il tema è spesso indotto da eventi specifici, quasi sempre conflittuali, dai quali poi emerge un dibattito più vasto;
– per questa ragione, i toni del dibattito non sono mai pacati, come nell’auspicio dei numerosi richiami del presidente della repubblica Ciampi, ma rispecchiano il livello dello scontro politico e/o istituzionale in atto;
– le modalità di rappresentazione del dibattito sulla giustizia non facilitano la comprensione del merito delle proposte di riforma, ma riprendono un “vizio” classico della comunicazione politica di raccontare gli eventi attraverso le sue political issue più rappresentative e spettacolari;
– la contrattazione che avviene nel discorso pubblico fra governo e magistratura sui temi della giustizia sembra ricercare il consenso popolare, ma il livello di delegittimazione reciproca, la situazione di stallo di fatto creatasi e la politicizzazione delle posizioni in campo rende difficile anche l’accordo per la soluzione di quei mali della giustizia più socialmente condivisi.