Ecco il Paese della “Grande Incertezza”
Presentato il settimo Rapporto sulla sicurezza e l’insicurezza sociale in Italia e in Europa realizzato per Fondazione Unipolis da Demos&Pi e Osservatorio di Pavia
Crisi economica e lavoro restano in cima alle preoccupazioni degli italiani, che evidenziano l’aumento delle disuguaglianze e temono soprattutto per il futuro dei figli. Il peso dell’instabilità politica
I media nazionali privilegiano ancora le notizie sulla criminalità, dando meno rilievo ai problemi economici e sociali, confermando così l’anomalia rispetto al resto d’Europa
E’ l’Italia alle prese con una pressoché eterna transizione, senza che però si intraveda verso dove, verso una meta, un approdo al quale agganciarsi per cercare di avviare una comunque faticosa e problematica risalita dal fondo della crisi. Crisi che non è solo economica e sociale, ma, per molti aspetti, ancor più culturale e politica, persino identitaria. E’ il Paese nel suo insieme, sono i cittadini che non riescono a intravedere il proprio futuro, considerato – appunto – meta e approdo sempre più confuso e smarrito, in una nebbia che tutto rende uniforme e impalpabile. Ma, proprio per questo, inafferrabile. Una situazione che risalta ancor di più se messa a confronto con i principali paesi europei – Germania, Francia, Gran Bretagna e Spagna, anch’essi oggetto di indagine – i quali sono pure loro alle prese con la più lunga e prolungata crisi dal secondo Dopoguerra, ma – anche considerando la specifica situazione tedesca – che sembrano disporre di qualche sicurezza in più.
E’ il ritratto impietoso, ma non per questo meno realistico, del nostro Paese che emerge dal settimo “Rapporto sulla sicurezza e l’insicurezza sociale in Italia e in Europa”, realizzato per conto di Fondazione Unipolis da Demos&Pi e Osservatorio di Pavia, e presentato oggi, 24 febbraio 2014, a Palazzo Marino, sede del Comune di Milano.
E’ l’Italia della “Grande Incertezza”, come la definisce il prof. Ilvo Diamanti, docente a Urbino e direttore scientifico di Demos&Pi, nel suo commento ai dati emersi dal Rapporto, che indaga sulla relazione tra “percezione, rappresentazione sociale e mediatica della sicurezza”. La società italiana, quale essa emerge dall’analisi di opinione come dalle immagini che ne danno i media sia televisivi che cartacei, è caratterizzata, sottolinea Diamanti, dalla “perdita dei riferimenti di valore, istituzionali, normativi che fornisce la politica. Rende il clima d’opinione deluso, ma ancor di più: disorientato”. Così, se la stessa crisi economica ha in qualche modo “perduto centralità” e gli “attori criminali hanno perduto visibilità”, il “risentimento sociale si è rivolto in direzione diversa e inversa”, rispetto a chi in passato era ritenuto responsabile delle difficoltà e dei problemi. Per Diamanti, “lo schema narrativo si è quasi rovesciato: crisi politica -> crisi economica -> insicurezza sul futuro”. Futuro che “è pressoché scomparso. Si è perso, anch’esso, nella nebbia della Grande Incertezza in cui siamo scomparsi”.
L’insicurezza nella percezione dei cittadini
Questa settima edizione del Rapporto è basata, come in passato, su una estesa indagine svolta su un campione rappresentativo della popolazione italiana e dei principali paesi europei, e su una accurata rilevazione dell’informazione di tutti i telegiornali italiani e dei maggiori TG di Francia, Germania, Gran Bretagna e Spagna, nonché – per la prima volta da quando il Rapporto viene realizzato – su due dei più diffusi quotidiani di ciascuno dei Paesi considerati, cui si è aggiunta una sperimentazione relativa a come in Italia il tema sicurezza è stato affrontato su Twitter.
Per quanto riguarda l’Italia, l’insicurezza economica continua ad essere in cima alle preoccupazioni dei cittadini: ben il 73% degli intervistati la considera come emergenza principale, anche come somma dei diversi elementi, come disoccupazione – il 50% ha come paura principale quella di perdere il lavoro – tasse, costo della vita. Una percentuale complessiva inferiore di sei punti percentuali rispetto all’anno scorso, ma di 15 più alta che nel 2009. Solo gli spagnoli e in parte i francesi esprimono dati paragonabili, mentre britannici e, soprattutto, tedeschi, con il loro poco più che 30%, sembrano considerarsi fuori dalla crisi.
Ad una verifica più accurata, gli italiani si percepiscono impoveriti, al punto che l’85% ritiene che le distanze tra “chi ha poco” e “chi ha molto” sia parecchio aumentata negli ultimi dieci anni. Così che, per la prima volta, la maggioranza degli interpellati (52%) colloca la propria famiglia nella classe sociale “bassa e medio bassa”. Appena otto anni fa, invece, il 60% degli italiani si considerava appartenente al ceto medio e soli il 28% tra i ceti medio – bassi. Insomma, come sottolinea Diamanti, siamo di fronte ad una “società che scivola verso il basso”. A farne le spese sono soprattutto i giovani – quasi il 60% degli italiani ha come sua principale “paura” il futuro dei figli; il che porta la maggior parte delle persone (67%) a considerare l’emigrazione all’estero la sola speranza possibile per i ragazzi.
Ad alimentare ulteriore preoccupazione e sfiducia c’è poi la politica. Considerata incapace di risolvere la crisi e i problemi economici del Paese, la politica è essa stessa diventata un fattore di insicurezza: il 68% degli italiani intervistati, infatti, si dichiara “frequentemente” preoccupato per “l’instabilità politica”. Peraltro, come si può vedere dai dati relativi a come i mezzi di informazione affrontano i temi dell’insicurezza, l’”instabilità politica” è nei TG la seconda voce in termini di spazio dedicato alle notizie aventi natura “ansiogena” (facendo registrare, in questo caso, una certa coincidenza tra percezione e rappresentazione mediatica dell’insicurezza). Si determina così una sorta di circuito vizioso nel quale la crisi economica determina una forte insicurezza nelle persone, ma la difficoltà o l’incapacità della politica di trovare assetti stabili e di creare opportunità di lavoro, reddito e sviluppo, produce maggiore disillusione, accrescendo ancor più la percezione di insicurezza nelle persone. Il che contribuisce a spiegare in gran parte l’aumento dell’antipolitica, la crisi di fiducia nelle istituzioni, nazionali – stato, comuni e regioni – ma anche nell’Unione Europea, che ha appena un 27% di espressioni di fiducia da parte degli italiani (da sempre tra i più europeisti), stessa percentuale dei britannici (che invece la Ue l’hanno sempre bistrattata), segnando invece oggi come più europeisti i tedeschi (55% di fiducia) e gli spagnoli (39%).
In questo quadro, l’insicurezza personale, determinata dalla criminalità comune, conserva una sua valenza importante tra le preoccupazione e le “paure” degli italiani, che indicano nelle interviste un “aumento” anche rilevante della criminalità, sia a livello nazionale (lo dice l’84%), che nella zona di residenza (aumentata per il 43% negli ultimi cinque anni), ma comunque molto lontano dai picchi registrati nel biennio 2007/2008. A colpire maggiormente l’opinione pubblica più che i reati più gravi – mentre l’andamento complessivo, sulla base dei dati ufficiali è stabile se non in leggera diminuzione – sono quelli che invadono la sfera privata, segnatamente i furti in casa, che generano maggiore allarme e inquietudine tra i cittadini.
Merita di essere evidenziato come sia andata riducendosi la “paura” nei confronti degli immigrati: per il 56% la loro presenza in Italia “favorisce la nostra apertura”, mentre ben l’80% si dichiara favorevole a concedere la cittadinanza ai figli di stranieri nati nel nostro Paese. Anche se circa un italiano su tre percepisce gli immigrati “come un pericolo per l’ordine pubblico e la sicurezza delle persone” e una quota analoga li valuta come “minaccia per l’occupazione”.
La rappresentazione mediatica
Se questa è, in estrema sintesi, la percezione dell’insicurezza da parte dei cittadini, qual è invece la rappresentazione che viene offerta dal sistema dei media dei temi connessi alla sicurezza, nei suoi diversi aspetti? L’Italia si conferma come una sorta di “anomalia” rispetto al resto d’Europa, perché continua a mettere la criminalità in testa all’agenda dell’insicurezza, pur modificandone la composizione. Se negli anni 2007-2008 prevaleva una modalità comunicativa che teneva insieme il binomio “criminalità-immigrazione”, tra il 2010-11 ha prevalso la serializzazione dei fatti criminosi, nell’ultima fase a dominare sono state le notizie e le informazioni relative ai crimini più violenti ed efferati. Nonostante il 2013 sia stato l’anno in cui si è avuto il minore tasso di omicidi dall’Unità d’Italia. In nessun altro paese i TG danno tanto spazio ai fatti di cronaca nera, con la parziale eccezione della Spagna.
Ma soprattutto, ciò che colpisce è la discrasia, la distanza tra la realtà e ciò che percepiscono i cittadini, in termini di crisi economica, preoccupazione per il lavoro, impoverimento e lo spazio che i media, segnatamente i TG, dedicano a questi temi. In Italia un peso assai rilevante ce l’ha l’informazione politica, mentre il principale TG nazionale, nel periodo 16 dicembre 2013 e 5 gennaio 2014, ha dedicato oltre il 58% delle notizie che hanno che fare con tematiche cosiddette “ansiogene” a fatti legati alla criminalità e soltanto il 4,4% a informazione su crisi, impoverimento e perdita di lavoro. Percentuali esattamente rovesciate per il TG britannico, mentre in Germania il 33% ha riguardato i temi della crisi economica e solo il 16% quelli criminosi, in Francia 19% e 13%, in Spagna 19% e 51%. Se invece si valutano le testate quotidiane cartacee, in Italia è in assoluto la politica a farla da padrona, con un 32% di notizie complessive. Uno spazio molto maggiore rispetto ai giornali degli altri paesi europei, che si occupano maggiormente di crisi economica e soprattutto di politica estera. Il che conferma una ulteriore “anomalia” dell’informazione italiana nel contesto europeo, la scarsa attenzione ai fatti del mondo a vantaggio di una impostazione il più delle volte autoreferenziale.
Milano, 24 febbraio 2014