L’Osservatorio di Pavia e l’Osscom (Osservatorio sulla Comunicazione dell’Università Cattolica di Milano) hanno svolto una ricerca sulla comunicazione relativa al caso Aviaria, condotta monitorando per otto mesi (agosto 2005- marzo 2006) i servizi sull’influenza aviaria apparsi sul TG1 delle 20.00 e gli articoli pubblicati dal Corriere della Sera.
La ricerca (presentata sul Sole 24-Ore del 20 luglio 2006 -inserto Nòva- e del 27 agosto 2006)pone l’accento sulla confusione e sull’approssimazione delle notizie. Il termine “vaccino” declinato nelle formule (influenzale, aviario pre e post pandemico, o associato ai farmaci antivirali) crea un certo disorientamento. Anche la sovrapposizione tra le scorte di vaccini contro l’influenza e le scorte di medicinali antivirali che il ministero ha promesso di acquisire, risulta poco chiara. Un altro problema riguarda la traduzione da parte dei media della parola “probabilità” utilizzata dagli esperti scientifici. Questo termine non soddisfa la curiosità del pubblico e allora i giornali ipotizzano scenari che vengono recepiti dal lettore come qualcosa di più drammatico rispetto alla probabilità scientifica. In televisione la drammatizzazione si ottiene proponendo in modo ossessivo, immagini di persone in tuta bianca e mascherina che catturano e eliminano i polli.
Dopo otto mesi di bombardamento mediatico l’amara conclusione è che i polli italiani non hanno preso l’influenza, le autorità sanitarie hanno fornito notizie allarmiste ingiustificate e i media hanno assecondato queste teorie senza saper contrastare le tesi più catastrofiche.